Fame “nervosa” o “emotiva”: di cosa si tratta?

Possiamo distinguere due tipi di “fame”, una cosiddetta FISIOLOGICA (REALE), che dipende effettivamente da quello che il nostro organismo ci richiede, quello di cui ha bisogno per funzionare bene ed essere performante, e una che possiamo definire NERVOSAEMOTIVA.

Vediamo le differenze tra le due:

  • la prima comporta una sensazione che cresce piano piano, come se andasse aumentando lentamente, via via sempre di più se non viene soddisfatta. Può durare anche diverso tempo e fa sì che se in quel momento pensiamo ad un cibo notoriamente poco appetitoso, per esempio una carota (non me ne vogliano le carote) ci accontenteremo anche di essa pur di placarla;
  • la fame emotiva invece è qualcosa che arriva all’improvviso, come se ci avessero dato un pugno nello stomaco, quella sensazione di fame atavica, quel buco nello stomaco, sembra debba essere soddisfatto in maniera immediata e impulsiva, se ci fermassimo a pensare, il nostro desiderio sarebbe orientato verso cose dolci, o alimenti molto salati tipo patatine, salatini vari ecc.
    Se riuscissimo a controllare questo tipo di fame o almeno a prenderne coscienza, capiremmo che magari dopo 10-15 minuti potrebbe andarsene (così com’è venuta). Potremmo usare degli stratagemmi come bere un bicchier d’acqua, aspettare e valutare chiedendosi se c’è stato qualcosa che può averla scatenata, come magari una discussione con qualcuno, una brutta notizia ricevuta o più semplicemente se stiamo passando un momento stressante.

 

C’è un legame molto stretto tra quello che mangiamo e quello che è il nostro stato emotivo, i due elementi si influenzano a vicenda, ad esempio:

 

  • pasti ricchi di grassi rallentano l’ attività cerebrale innescando sonnolenza, apatia;
  • carboidrati aumentano i livelli di serotonina (collegata al piacere), inducendo uno stato di benessere e tranquillità;
  • saccarosio e caffeina: possono essere connessi a malumore, nervosismo, depressione

 

Bisogna porre inoltre particolare attenzione al consumo di sostanze eccitanti come tè e caffè che possono causare agitazione, nervosismo e problemi di sonno, così come agli zuccheri, poiché un loro utilizzo eccessivo o scarso comporta una modificazione patologica degli stati energetici, cognitivi e psico-emotivi interni.

 

Una dieta sbilanciata produce quindi conseguenze negative sulle emozioni e sugli atteggiamenti dell’individuo, anch’esse chiaramente collegate alla sua componente psichica.

 

Il legame che abbiamo con il cibo è particolare sotto molti aspetti, anche a livello culturale lo rendono un mezzo di convivialità, di ricompensa, dello stare insieme.

Talvolta alcune persone trovano una sorta di sollievo in esso, una forma di appagamento, ma esso non può ridursi soltanto a questo.

E’ importante imparare a conoscere noi stessi, i nostri pensieri, quello che si innesca in noi nei vari momenti che viviamo, soprattutto mentre stiamo mangiando per ridurre al minimo problemi legati all’alimentazione.

Tutto questo viene fatto analizzando a tavolino i sentimenti ed il timing (momento in cui avviene qualcosa, in questo caso l’attacco di fame o il digiuno) di una persona per valutare e capire i PERCHE’ accadono certe cose trovando SOLUZIONI: è il ruolo della PSICOLOGA che valuta i DISTURBI ALIMENTARI.

 

Articolo a cura di
Dott.ssa Aldina Cucurnia
Psicologa Psicoterapeuta 

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