Dolore al collo e mal di testa? Ecco cosa potrebbe essere!

DTM e ATM.

Con il termine disturbi temporo-mandibolari (DTM) non si intende una patologia ben
specifica, ma più ampiamente una vasta gamma di problematiche che colpiscono
l’articolazione temporo-mandibolare (ATM), i muscoli masticatori e le strutture
associate.

La patologia da disturbi temporo-mandibolari affligge un’importante parte della
popolazione.

Questo disturbo è comunemente associato a segni e sintomi come
dolore all’articolazione temporo-mandibolare, ai muscoli della masticazione, che
possono irradiarsi o riferirsi a strutture locali o distanti, clic, schiocco o crepitio
dell’articolazione temporo-mandibolare in uno qualsiasi dei suoi movimenti con o
senza bloccaggio dell’articolazione, cefalea limitata alla regione temporale, otalgia
o tinnito e cervicalgia.

Diversi articoli ci suggeriscono che la causa probabilmente è sia multifattoriale che
biopsicosociale ed è costituita da fattori scatenanti, predisponenti e perpetuanti,
come ad esempio, età e sesso, etnia, il fumo, i fattori occupazionali, i fattori
psicologici ed i traumi.

Perché le donne sono maggiormente colpite?

Gli estrogeni agirebbero aumentando la vigilanza in relazione agli stimoli dolorosi,
modulando l’attività dei neuroni del sistema limbico. Diversi studi hanno dimostrato
che la comparsa del dolore nel contesto della TMD aumenta di circa il 30% nelle
pazienti che ricevono terapia ormonale sostitutiva (HRT) in post menopausa
(estrogeni) e di circa il 20% tra le donne che usano contraccettivi orali.

Il FUMO e i disturbi temporo-mandibolari.

Vi è una forte associazione tra il fumo e i TMD rilevando che i consumatori di
tabacco hanno una probabilità più alta di TMD rispetto ai non fumatori.

Inoltre è stata rilevata una relazione tra il fumo e l’intensità del dolore causato da TMD
utilizzando una scala di valutazione numerica da 0 a 10: i fumatori “leggeri” hanno
una media intorno ai 5,8, i fumatori “moderati” intorno al 6,3 e i fumatori “forti” una
media di 8,1 (Melis et al., 2010).

Disturbi temporo-mandibolari e lo STRESS

Esistono abbondanti prove che spieghino il ruolo che i fattori psicologici svolgono
nell’insorgenza e nella cronicità del TMD.

Più specificamente, i livelli di stress psicologico e di depressione risultano essere più elevati negli individui con TMD cronici. L’ansia aumenta le parafunzioni e il bruxismo e di conseguenza i carichi
funzionali sul sistema muscoloscheletrico masticatorio (Niemi et al., 2006). La
prevalenza del bruxismo nella popolazione adulta è di circa il 20%, la maggiore
incidenza si ha tra i 20 ei 50 anni, dopodiché l’abitudine diminuisce
progressivamente.

L’eziologia del bruxismo, è stata associata ad interferenze
occlusali, anche se attualmente lo stress emotivo è considerato il principale fattore
scatenante. Altri fattori che sono stati correlati all’origine del bruxismo sono alcuni
farmaci, disturbi del sistema nervoso centrale e una certa predisposizione genetica
e/o familiare.

Lo stile di vita odierno porta con se diverse fonti di stress, che sono
una delle cause maggiori nell’insorgenza di questo disturbo.

È compito di ognuno dinoi prendersi cura della propria condizione fisica e mentale al fine di migliorare la
gestione dello stress e questo è possibile anche aumentando le ore di sonno e facendo una giusta attività fisica.

TRAUMI diretti/indiretti e DTM.

Un altro fattore scatenante che potrebbe portare a TMD sono i traumi.

I traumi possono essere diretti come ad esempio colluttazioni, incidenti stradali o accidentali
e quindi il paziente riferisce una correlazione fra l’evento e il sintomo;
possono essere anche indiretti come, ad esempio, il colpo di frusta.

Infine vi sono i microtraumi, i cui esempi sono le parafunzioni o abitudini viziate, come il bruxismo,
che causa un sovraccarico dell’apparato muscoloscheletrico masticatorio.

Occorre considerare, volendolo semplificare, l’apparato stomatognatico come un
sistema funzionale formato dai denti, dai muscoli masticatori e dalle articolazioni
temporomandibolari. Se ad un certo punto intervengono uno o più̀ fattori che ne
alterano la funzione, e se questi fattori permangono per un certo periodo di tempo,
tale che venga superata la capacità di adattamento del sistema stesso, si arriva alla
disfunzione. La disfunzione può interessare le articolazioni, i muscoli o entrambe le
strutture.

Diagnosi e trattamento

Un’attenta analisi e un attento esame clinico sono le componenti più importanti per
stabilire la diagnosi di TMD.

Come primo punto bisogna indagare la storia del paziente quindi i suoi sintomi, la
posizione esatta dei sintomi, i livelli di intensità̀ del dolore attraverso la scala
numerica di valutazione del dolore e il tipo di sintomo.

È importante informarsi sulle attrezzature correttive utilizzate dal paziente per
alterare la posizione dei denti, i traumi regionali, la partecipazione alle abitudini
parafunzionali, la presenza di rumori articolari, i modelli di provocazione dei sintomi
e l’alleviamento rispetto alla partecipazione all’attività̀ e/o al tempo del giorno e se i
sintomi migliorano, peggiorano o rimangono gli stessi.

Dopo aver fatto un’attenta anamnesi, bisogna effettuare un esame clinico composto
da un’osservazione, esecuzione di test attivi del range di movimento, test speciali,
test muscolari manuali, test sensoriali quantitativi, palpazione dell’articolazione
dell’ATM e di tutta la muscolatura ed infine un esame della colonna cervicale.

Diversi tipi di trattamento sono stati proposti in letteratura da dentisti, ortodontisti,
psicologi, fisioterapici e medici, sebbene con risultati molto disparati tra gli studi
pubblicati.

Le terapie conservative che sono state proposte includevano il trattamento
farmacologico (farmaci antiinfiammatori non steroidei, miorilassanti, antidepressivi
e corticosteroidi), apparecchi orali, programma di informazione cognitivo-
comportamentale, agopuntura e dry needling, chiropratica, attività fisica,
osteopatia, rilassamento e meditazione.

In letteratura, ci sono evidenze per quanto riguarda l’efficacia del trattamento
osteopatico rispetto alla diagnosi di disordine temporo-mandibolare, che può̀
indurre un cambiamento nella dinamica del sistema stomatognatico offrendo un
valido supporto all’approccio clinico ai disturbi temporo-mandibolari. L’effetto
positivo del trattamento osteopatico riguarda soprattutto la dolorabilità del paziente,
la mobilità dell’articolazione temporo- mandibolare e la qualità di vita del paziente.

Il consiglio che viene dato a tutti, indistintamente che soffrano di qualche patologia o fastidio localizzato, è quello di affidarsi ad un professionista per eseguire un’analisi posturale.
Essa è volta all’individuazione di squilibri muscolari o strutturali che nel tempo porteranno sicuramente ad adattamenti e compensi posturali, notoriamente con presenza di dolore.

 

 

Articolo a cura di
Fornai Andrea
Osteopata

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